Il dolce Natale italiano da Sud a Nord, risalendo lo stivale fino al panettone lombardo

Il dolce simbolo e principe del Natale? Il panettone ovviamente. Ma non è l’unico a regnare sulle tavole degli italiani. La penisola può vantare una ricca tradizione di pasticceria natalizia, variegata e colma di creazioni che vale la pena raccontare a conclusione di queste feste di Natale 2023-2024.

CASSATA SICILIANA

La cassata al forno è un dolce tipico siciliano e di antichissime origini, forse arabe (il nome deriverebbe da qas’at, ovvero bacinella, catino), e di gran lunga precedenti quelle della sua più nota versione colorata e barocca, frutto del sapiente utilizzo della pasta reale.

Senza la copertura in pasta reale, e privi ancora del pan di Spagna che sarebbe comparso solo più tardi, bisognava affidarsi pertanto all’involucro di pasta frolla, scrigno goloso del ripieno a base di ricotta e canditi (le gocce di cioccolato aggiunte poi in Età Moderna).

RAFFIOLI

Il raffiuolo o raffiolo è un dolce fatto di una pasta simile al pan di Spagna e ricoperto di una glassa bianca a base di zucchero. Il suo nome deriva da quello dei ravioli.

Nel Settecento le monache benedettine del monastero di San Gregorio Armeno si ispirarono proprio ai ravioli di pasta fresca tipici del Nord Italia, dando vita a questo “raviolo” dolce dalla forma ellittica e dal sapore inconfondibile.

FRUTTA DI MARTORANA O PASTA REALE

Secondo la tradizione la frutta di Martorana è nata perché le monache del monastero della Martorana, per sostituire i frutti raccolti dal loro giardino o fuori stagione, ne crearono di nuovi con farina di mandorle e zucchero, per abbellire il monastero per la visita del papa o del Re Imperatore all’epoca.

MARZAPANE

La frutta di Marzapane è un dolce ricordo d’infanzia e della tradizione di una volta: pochi sanno forse che il suo nome deriva dal Marci Panis, il pane di San Marco in latino, in quanto i veneziani erano i principali produttori sui mercati europei col marchio del Leone del Santo Apostolo.

Molto simile alla pasta reale e alla frutta di Martorana, anch’esso infatti si basa su una preparazione in pasta di mandorle, albume d’uovo e zucchero.

MOSTACCIOLI

Il nome mustaccioli, italianizzato sempre più in mostaccioli, è legato all’uso nelle antiche ricette contadine del mosto (mostacea era il termine latino), con cui venivano preparati per essere più dolci.

I mostaccioli napoletani sono riportati già nel Rinascimento da Bartolomeo Scappi, cuoco personale di Papa Pio V, nonché tra i pionieri della cucina italiana e genio ai fornelli dell’epoca, in uno dei pranzi del Pontefice.

Catone nel De agri cultura accenna ad alcuni dolci, i mustacei, a base di farina, mosto, cumino, anice, grasso e alloro.

Ovviamente sprovvisti di glassa al cioccolato, quella con cui oggi solitamente venivano serviti, perché l’America e il cacao erano ancora ignoti al Vecchio Mondo.

DIVINO AMORE

Il dolce Divino Amore, inventato per il Re e per la Regina Madre secoli fa dalle monache dell’omonimo monastero situato a San Gregorio Armeno, è la “pasta reale”, ovvero una pasta di mandorle che delizia il palato al momento giusto.

ROCCOCÒ

Il roccocò è il classico dolce del Natale a Napoli, tra i tanti, che compare sulle tavole alla fine del pranzo dell’Immacolata – come da tradizione – per poi accompagnare pasti, cenoni e occasioni conviviali per tutto il periodo delle feste.

La versione più antica risale al 1320 ad opera delle monache del Real Convento della Maddalena.

Il nome roccocò deriva dal termine francese rocaille, a causa della forma barocca e tondeggiante, simile a una conchiglia arrotondata, dei dolci più duri e saporiti che ci siano.

PANETTONE

Pietro Verri narra di una consuetudine che nel IX secolo, in pieno Medioevo, animava le feste cristiane nell’antica Lombardia: a Natale la famiglia intera si riuniva intorno al focolare, attendendo che il pater familias spezzasse “un pane grande” e ne porgesse un pezzo a tutti i presenti in segno di comunione.

Col tempo questo pane è diventato a quanto pare il panettone che tutti conosciamo e apprezziamo, ma la tradizione di condivisione e convivialità è sempre la stessa, che si tratti di parenti o amici.

Nel XV secolo, il 1400, come ordinato dagli antichi statuti delle corporazioni, ai fornai che nelle botteghe di Milano impastavano il pane dei poveri (pane di miglio, detto pan de mej, scuro) era vietato produrre il pane dei ricchi e dei nobili (il famoso pane bianco, detto micca).

Con un’unica eccezione nell’arco dell’anno, quella del giorno di Natale, quando aristocratici e plebei potevano consumare lo stesso pane, quello regalato dai fornai ai loro clienti.

Era il cosiddetto pan di scior (pane di signore) o pan de ton, ovvero il pane di lusso, di puro frumento, farcito con burro, miele e zibibbo. L’antenato dei moderni panettoni praticamente.

La più antica e certa attestazione di un Pane di Natale, un antenato dei panettoni moderni preparato con burro, uvetta e spezie, si trova in un registro delle spese del collegio Borromeo di Pavia del 1599, quando tali “Pani” furono serviti durante il pranzo natalizio agli studenti.

E se il panettone fosse pavese e non milanese d’origine?

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Napoletano, classe ’87, Renato Aiello sono giornalista pubblicista dal 2009, pubblicato dal 2001. Studi in Comunicazione di massa e media, nonché cinema, giornalismo e informazione cross mediale, ho iniziato col piccolo house organ del Cardarelli "Il Giornale di Ortika" di Gaetano Coppola tra il 2001 e il 2006 (prima recensione a 13 anni) e ho poi scritto nel corso degli anni per il quotidiano "Roma" dal 2006 al 2011, diretto da Antonio Sasso. Attualmente scrivo da free-lance per diversi siti e magazine di cultura e spettacolo, tra cui "Enneti NT - Notizie Teatrali" di Angela Matassa dal 2014 e la piattaforma di giornalismo partecipato “Sul Pezzo” dal 2015. Appassionato di letteratura, musica, arti figurative, fotografia e cinema, ho partecipato nel corso degli anni a festival cinematografici tra Roma, Napoli e Vico Equense, e a giurie di concorsi di cortometraggi a tema. Videoblogger dal 2014, ho un canale YouTube con servizi di video giornalismo e montaggi emozionali.

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