Polpette, polpettoni e non solo…

Nascita e etimologia

Chiunque sia andato a casa della nonna, tra le varie cose, avrà mangiato sicuramente le polpette. Si tratta, infatti, di uno dei piatti più gettonati per i pranzi della domenica. Eppure questa leccornia che ormai regna sulle tavole italiane, non è frutto del genio nostrano.

Le prime testimonianze risalgono al regno Persiano. Qui venivano (e vengono ancora) cucinate le kofta, fatte con carne di agnello e spezie; pare che il loro nome derivi dal termine “koofteh” ovvero “carne pestata”. Con la conquista della Persia da parte degli arabi, questa specialità si diffuse anche nel Medio Oriente, per poi giungere in Europa con la conquista della Spagna sempre da parte del popolo arabo.

Ma come si è arrivati al nome “polpetta”? Il primo a usare questo termine fu Mastro Martino de’ Rossi nel “De arte coquinaria” ,nel 1400 e pare che derivi dal francese “paupiére”, “palpebre”. Questo perché il movimento delle mani ,che serve per dare la caratteristica forma a sfera, ricorda quello delle palpebre che si aprono e si chiudono.

Le polpette iniziano dunque, a partire dal Quattrocento, a diventare un piatto sempre più conosciuto anche in Italia. Iniziano infatti a comparire delle varianti marinate in aceto o ripiene di lardo. Ciò che però accomuna tutte queste ricette e che resterà un “dogma” fino agli inizi del Seicento, è l’utilizzo della carne di vitello. Dal Seicento in poi verrà inventato il tritacarne e verranno utilizzati anche tagli “meno nobili” come la carne di maiale. La popolarità di questo piatto aumenta al punto che nel 1800 Pellegrino Artusi ne “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” dichiara che ormai non vi è piatto più famoso.

polpette
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Polpette: varianti e idee

Tutt’oggi la fama di questo piatto non è diminuito. Anzi si è diffuso anche nel resto d’Europa e addirittura oltreoceano. In Italia, per esempio, si trova una variante milanese: i mondeghili, polpette fatte con il lesso avanzato. In Trentino Alto Adige invece nell’impasto si aggiungono patate schiacciate e pancetta affumicata, per poi avvolgere il tutto nella rete di maiale e saltare in padella con burro. A Napoli la versione più gettonata è quella al sugo, dove le polpette vengono prima fritte e poi aggiunte al tipico ragù.

In Giappone invece non ci sono le “polpette” come le intendono gli occidentali, ma usano il termine per due piatti: i takoyaki e i dango, rispettivamente delle frittelle di polpo dalla forma sferica e delle “polpette” di riso glutinoso cotte sulla piastra.

In Svezia si trovano le kotbullar, fomate da un mix di carne di manzo, maiale e vitello condite con cipolla e cotte nel burro e servite con panna acida e confettura di mirtillo. Quelle norvegesi fatte con carne di renna sono le lihapullat. In Spagna invece si chiamano albodingas le corrispettive delle napoletane con il sugo.

Come detto, le polpette sono tra i piatti più versatili in cucina. Possono essere fatte con qualunque tipo di carne e di qualunque dimensione, dalle più piccole a quelle più grandi come il polpettone. Posso essere fatte con l’impasto “base” composto da carne trita, uova, formaggio, pane ammollato nel latte o nell’acqua, sale, pepe ecc; o arricchite con pezzi formaggio, insaccati e così via. Inoltre non deve essere utilizzata necessariamente della carne. Si possono utilizzare legumi, come nel caso dei falafel, delle verdure o del pesce, come tonno, merluzzo e salmone.

Anche lo modalità di cottura possono variare. Si possono cuocere al forno, in umido, si possono friggere o fare al sugo. Insomma non c’è limite. Sono perfette sia per aperitivi, sia per pranzi che per cene e si possono preparare anche in anticipo. E visto che gli ingredienti possono variare sono l’ideale per chi segue stili alimentari diversi. Dunque qualunque sia la loro origine, è un dato di fatto che le polpette mettono tutti d’accordo a tavola!

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