Nascita
Il ragù è il piatto della domenica per eccellenza. Basta il dolce rumore della sua cottura e il soave profumo che inonda la casa, per farci saltare giù dal letto. Eppure in origine non si accompagnava alla pasta asciutta come oggi.
Torniamo nel Cinquecento, un primo “piatto” di pasta al ragù era in realtà un qualcosa che oggi non solo i palati più arditi assaggerebbero (probabilmente). Si trattava di spesse tagliatelle fatte con farina, mollica di pane e zucchero e impastate con uova e acqua di rose; venivano poi cotte nel brodo e servite con zucchero e cannella per accompagnare il lesso di cappone.
La pasta era infatti utilizzata prettamente per timballi o comunque “destinata” al forno. A questo proposito fu il cuoco Vincenzo Corrado, nel 1773, a nominare per la prima volta il ragù in Italia. Si trattava non tanto di un “condimento” per la pasta, quanto di un piatto “a parte”, simile a uno spezzatino o al brasato. Questo “primo” ragù (fatto con vari tipi di carne) prevedeva una prima rosolatura nel burro o in un grasso, seguita da una cottura in brodo e in fine si aggiungeva limone o aceto.
Il Ragù e la pasta
Francesco Leonardi, autore de “L’Apicio Moderno” (1790), associa per la prima volta il ragù alla pasta. Compare infatti un primo stadio “embrionale” di questo piatto: dopo la lessatura i maccheroni sono conditi con parmigiano, pepe e sugo di vitello o manzo. Leonardi inserisce poi una nota: la possibilità di aggiungere il sugo di pomodoro alla carne.
La “conferma” della pasta al ragù sarà data dal ricettario “La cucina casereccia” stampato a Napoli da un autore anonimo. Nel libro si parla di come il ragù è ottenuto da un grosso pezzo di manzo fatto rosolare con aromi e spezie e poi cotto nel brodo con l’aggiunta di pomodoro. Più avanti sarà ripresa da Ippolito Cavalcanti (1837) in cui per la prima volta carne e pasta verranno consumate “insieme”. Verso l’Ottocento poi al posto dei maccheroni si utilizzeranno le tagliatelle.
Napoletano o Bolognese?
Si è visto come il ragù abbia origini napoletane, eppure anche Bologna se ne attesta la paternità. Oggi infatti ci sono delle differenze tra quello “napoletano” e quello “bolognese”, che li rendono quasi due piatti distinti e separati.
La principale differenza riguarda il taglio della carne. Nella versione Bolognese si utilizza pancetta di maiale tagliata a dadini e poi tritata e si usa per lo più la carne macinata di manzo. In quella Napoletana invece si prediligono tagli di carne intera, come biancostato di manzo, salsicce, braciole.
Altra differenza è il tempo di cottura. Il ragù bolognese deve sobbollire per almeno due ore, quello napoletano per sei (deve “pippiare”). Un altro elemento che ne determina le diverse caratteristiche è il pomodoro: passata per il bolognese e San Marzano per quello napoletano. Inoltre nella ricetta bolognese è previsto l’uso di latte o panna.
Dunque che sia “napoletano” o alla “bolognese”, che sia con i maccheroni o con le tagliatelle o in bianco o al sugo, il ragù mette d’accordo tutti a tavola. Provare per credere!
Simona Celentano
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