Una novità nelle birre artigianali campane che certamente stuzzicherà i giovani e non solo. Il birrificio sannita Alkimia lancia la “Cannabir“, una birra artigianale prodotta con l’aggiunta di fiori e foglie di canapa. Sia la birra che la canapa hanno una storia millenaria.
In particolare, la birra è la prima bevanda alcolica prodotta dall’uomo (se ne hanno tracce fin dagli assiro-babilonesi), mentre la canapa per molti secoli è stata utilizzata dall’uomo per produrre abiti, corde, mangime e persino carta (la Bibbia di Gutenberg, il primo libro stampato con la tecnica dei caratteri mobili, fu realizzata nel 1453 su carta di canapa importata appositamente dall’Italia).
La Campania è stata per molto tempo uno dei maggiori produttori di canapa di tutta Europa. Alkimia ha pensato di unire questi due elementi per realizzare un prodotto unico.

Questa particolarissima birra presenta all’olfatto profumi di malto e sentori fruttati, con un leggero aroma di pesca sciroppata, equilibrato da un etilico piccante e pungente.
Il calore gustativo è evidente, ma ben bilanciato da una decisa secchezza che lascia la bocca pulita e pronta per un altro sorso. L’attacco al palato è un delicato fruttato di giuggiola e papaya. L’amaro del luppolo e della cannabis arriva subito dopo, non è troppo invadente e ha i decisi sentori di erbaceo tipici della canapa che la completano nel finale restando a lungo nella bocca. Va servita ad una temperatura tra i 7 e i 10 gradi.

In cosa differisce la birra artigianale da quella industriale? Principalmente, le birre artigianali vengono realizzate con ingredienti di altissima qualità, esclusivamente con malti d’orzo e, in qualche caso, frumento o avena, non sono pastorizzate né filtrate e vengono rifermentate in bottiglia.
Le birre Alkimia, che l’anno scorso furono scelte per girare alcune scene del film di Michela Andreozzi “Nove lune e mezza“, quest’anno sono entrate a far parte delle eccellenze italiane recensite dalla prestigiosa guida Slow Food alle birre artigianali.
Non vi resta che provare la loro “Cannabir“.
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Flavia Masi
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