Ci è voluta tanta esperienza, ma anche tanto coraggio per aprire un nuovo locale. Sì, perché tutto parte da un sogno personale, diventato finalmente realtà, ma quello che più colpisce è che Daniel Giò ha scelto di aprire «Napule sta ccà» proprio in piena pandemia. Andiamo a scoprirlo!

Nonostante una pandemia
«Nonostante una pandemia» è proprio l’espressione giusta per cominciare a parlare di «Napule sta ccà», pizzeria e friggitoria aperta da Daniel Giò il 15 luglio del 2020, proprio quando eravamo ancora in piena emergenza da Coronavirus, anche se l’estate ci aveva ridato qualche speranza.
«Ma dove ha trovato tutta questa forza?» chiedo, sinceramente incuriosita da quanto mi è stato appena detto durante la mia intervista telefonica. La risposta mi fa capire che la paura c’è stata sicuramente e che non è stata affatto una passeggiata, soprattutto quando per timore il locale è stato chiuso per due mesi, nonostante ci fosse la possibilità di riaprire al pubblico. «Quello che cambia è soprattutto il rapporto con la gente, perché non si può stare a contatto e non si possono avere tanti clienti insieme. Poi bisogna seguire tutte le norme, prendere i dati di chi si siede al tavolo. Molti non sono disposti a star dietro a tutto questo e allora preferiscono non venire», aggiunge Daniel.
Tradizione vs originalità
Mangiare la pizza è spesso un ritorno ai vecchi tempi, agli antichi sapori e alle ricette di cui una volta si aveva tanta cura e attenzione. Insomma, la tradizione a quanto pare in questa pizzeria vince sull’originalità e sulla novità, grazie ad un impasto che ha bisogno di lievitare 24 ore, senza frigo ed è proprio per questo che il risultato è sempre soffice e leggero.
«Ogni mestiere nasce sempre da una vocazione personale», mi dice Daniel, che ha ereditato fin da piccolo la passione per la preparazione della pizza, che ha poi consolidato anche grazie all’esperienza da Milano a Torino, fino a Londra e all’America. E anche qui la tradizione vince perché viene da lontano e continua ancora oggi, anche perché la pizza classica, come la Margherita, è quella che non si può non assaggiare e non si può non esportare in tutto il mondo. «Tra l’altro le pizze più semplici sono ancora le più richieste e quelle più difficili da preparare per bene».

Dall’ispirazione al sogno personale
Per realizzare i sogni, si sa, ci vuole pazienza, ma anche tanta buona volontà e poi le soddisfazioni arrivano e ce lo dimostra proprio «Napule sta ccà», aperta durante una pandemia, ma già molto gradita ai palati dei suoi clienti. Daniel Giò mi racconta di aver preso ispirazione e fatto scuola presso Teresa Iorio, con cui ha cominciato, per poi arrivare a diventare un pizzaiolo in grado di affrontare il salto nel buio dell’apertura di un proprio locale, per giunta durante un periodo molto difficile per tutti e per i ristoratori in particolare.
Oggi il mezzo grazie al quale le pizze di Daniel si diffondono e sono apprezzate è ancora e soprattutto il passaparola, perché è certamente più diretto, ma non ci si tira indietro dallo strizzare l’occhio anche ai social, che sono un’importante pubblicità e servono a farsi conoscere. D’altra parte, se l’esperimento è riuscito durante il momento più buio degli ultimi tempi, non si può che migliorare!
Maria Perrotta
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