EATSTORY – così si mangiava a Pompei

Per la prima volta nel 2016 gli scavi archeologici di Pompei supereranno abbondantemente i 3 milioni di visitatori conquistati anche grazie all’arrivo del cibo degli antichi romani per far conoscere il legame che unisce la storia dell’Italia al proprio patrimonio enogastronomico. Lo rende noto il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo in occasione dell’inaugurazione con il Ministro dei Beni culturali Dario Franceschini di “EATSTORYda noi il cibo ha una storia” il progetto che, a partire da adesso per tutte le festività di Natale e fine anno, punta a fare rivivere ai visitatori degli scavi atmosfere e sensazioni del passato con la degustazione di pietanze o l’acquisto di prodotti preparati secondo le tecniche in uso all’epoca dell’eruzione.

Un risultato record con un aumento di ben oltre il 30% nel numero di visitatori in cinque anni che consolida l’area archeologica di Pompei al secondo posto tra i musei italiani piu’ visitati dopo il Colosseo ed il Foro Romano.

 “Una opportunità unica al mondo per l’Italia dove cultura e cibo sono le principali leve di attrazione turistica, strategiche per il rilancio dell’economia e dell’occupazione nel mezzogiorno ed in tutta Italia”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel ricordare che si uniscono due eccellenze del Made in Italy che può contare sul primato mondiale nell’enogastronomia e sul maggior numero di siti inclusi nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità (51 siti), davanti alla Cina (50) e alla Spagna (48), su un totale di 1052 siti (814 culturali, 203 naturali e 35 misti) presenti in 165 Paesi del mondo.

La degustazione di un tipico menu Pompeiano preparato secondo le ricette e consumato secondo le modalità del passato nel contesto storico originale ha inaugurato la rivoluzionaria iniziativa della Coldiretti resa possibile grazie al protocollo con la soprintendenza per i beni archeologici di Pompei e alla collaborazione con il grande progetto Pompei.

Come antipasto (gustum) sono stati serviti “scriblita”(focaccia con spezie) “caseus” (ricotta) “caseus caprinus” (formaggio di capra), “brassica pompeiana“ (cavolo pompeiano in salsa di garum) e “cucurbitas frictas” (zucca fritta). La portata principale (mensae primae) è stata a base di “porcellum assus“ (maialino arrostito), “esicia omentata” (polpette avvolte nell’omento, ovvero la rete di maiale) e “patina de apua fricta” (torta di acciughe fritte) mentre come dolce e frutta (mensa secondae) sono stati serviti “mala” (mele annurche), “mala granata”(melograni), “pira” (pere), “uvae” (uva), “caricae” (fichi secchi) del Cilento e “basynias” (struffoli) come dolce, ma anche noci, nocciole e mandorle campane. Il tutto innaffiato da vino (“vinum”) “falernum rubrum” (falerno del massico rosso) e “vinum passim” (vino passito) e “panis Pompeii”.

Si tratta di specialità che – sottolinea la Coldiretti – sono state trasmesse praticamente inalterate nel corso dei secoli grazie all’impegno di generazioni di agricoltori che ne hanno custodito gelosamente tecniche e segreti. La mela annurca ad esempio è senza dubbio il frutto maggiormente caratterizzante la ‘Campania Felix’, come dimostrano i dipinti rinvenuti negli scavi di Ercolano (in particolare nella Casa dei Cervi), città romana sommersa insieme a Pompei dalla distruttiva eruzione del Vesuvio del 79 d.C.

Una esperienza che sarà riproposta per almeno i prossimi tre mesi ogni martedì e sabato negli orari di apertura degli scavi alla Casina dell’Aquila dove gli agricoltori di Campagna Amica offriranno cibi e prodotti della zona preparati secondo le ricette dell’antica Pompei, ma anche l’opportunità di apprendere e partecipare direttamente ad attività di coltivazione, trasformazione e conservazione dei prodotti locali.

Il turista potrà, in somma sintesi, visitare gli scavi e degustare i prodotti agroalimentari locali acquisendo altresì, attraverso le brochure approntate da Coldiretti, informazioni sulla loro origine, così scoprendo come 2000 anni fa si mangiasse in modo assai simile ad oggi, seppure i prodotti subissero una lavorazione evidentemente meno progredita.

 

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