I Dolci dei Borbone

Natale da sempre è associato ai dolci. Ma quali erano i dolci del passato ed in particolare quelli legati al periodo in cui hanno regnato i Borbone nel Regno delle Due Sicilie?

E’ grazie alle due pubblicazioni del Frate Vincenzo Corrado detto il Cuoco Galante dall’opera omnia  e a “Il Credenziere di Buon Gusto” , primo trattato sulla pasticceria napoletana che possiamo avere un’idea delle ricette dell’epoca e dei prodotti agroalimentari che venivano utilizzati.

Ed infatti nel Cuoco Galante nel capitolo I del Trattato XI ritroviamo l’antesignana della pastiera : La Torta di Frumento.

Ammollito bene il frumento in acqua,e cotto in brodo di cappone e freddato,si mescolerà con panna di latte,gialli d’uova ,giulebbe,cedro pesto e sciolto con acqua di fiori d’aranci,un senso d’ambra,ed acqua di cannella. Si metterà nella cassa di pasta,la quale si compirà a strisce, e si farà cuocere.

Da notare due particolarità: l’uso dell’ambra che veniva raccolta sin dall’antichità sulle spiagge dell’Atlantico e utilizzata come fissante per preparare profumi ed in gastronomia e la mancanza della ricotta che ritroveremo invece nella ricetta di Ippolito Cavalcanti tratto dalla Cucina Teorico-Pratica.

Prendi una misura di grano bianco il migliore, ben pulito,e ben spugnato lo farai cuocere moltissimo con acqua,e raffreddato lomescerai con libbre cinque e mezzo di ottima ricotta ,che non abbia nessuna parte sierosa,ci porrai libbre due e once nove di zucchero fiorettato, una libbra di cocozzea candita in fettoline,mezza libra di cedro candito ancor così ,numero venti di tuorli d’ovi freschi,e mezza quarta d’oncia di ottima cannella pesta.Farai intanto una pastaccia,ammassata con acqua,ovi, ed un tantin tantino di sugna,la fatigherai ben bene,la levigherai della spessezza di uno scudo,e ne farai una fodera in un ruoto espressamenteper le pastiere verniciato di sugna ,ci verserai la composizione ed al di sopra con la pasta medesima ci farai una graticola con delle strisce di pasta e così la fari cuocere al forno, servendola calda.

Nello stesso capitolo troviamo i Bignè all’Innumerabile precursori  degli struffoli:

Sbattute bene con un frullo le uova in un vase,e condite di sale,si verseranno nel fior fi farina,col quale ben manegiato,se ne formerà una soda pasta,dalla quale ,riposata per qualche tempo ,se ne formeranno tanti maccaroncini,che tagliati in piccolissimi pezzi,come a pallini,ed infarinati per non farli attaccare,si friggeranno in strutto ,e cotti si legheranno con mele purificato, e si serviranno con zucchero polverizzato.

Scorzette candite di cedro, arancia e cocozzata,diavolilli e cannellini all’anice completano la ricetta oggi utilizzate nelle case ed in pasticceria..

E la Torta alla Palermitana può essere considerata la madre della Cassata?

Pesta la Ricotta di Vacca ,poi bagnata con acqua di fior di aranci ,passata per setaccio e condita di zucchero,arancizucca,e cedro canditi,marmellata di fior di boragine,e pistacchi a filetti.Si metterà nella cassa di pasta senza coprirla d’altra pasta ,ma polverata di zucchero sopra ,si farà cuocere e si servirà lavorata di aranci,cedro ,zucca e pistacchi canditi.

Da notare l’uso della marmellata di fior di boragine che dà un senso amaro al dolce.Presso la civiltà romana era normalmente considerata un antidoto alla tristezza ed essa veniva comunemente mesciuta assieme al vino per potenziarne il naturale effetto rilassante e rallegrante. “Euphrosinum” veniva chiamata da Plinio il Vecchio, il quale asseriva che essa rendesse euforici, felici e contenti.

Altri dolci della tradizione natalizia sono i mostaccioli di cui sempre attraverso il Cuoco Galante abbiamo la ricetta,che manca del mosto d’uva da cui il nome trae origine.

prendesi libre tre di zucchero grasso,libre due e mezza di farina di grano,once due di cannella,uno di garofani, ed una di noce moscata, tutto in polvere e mescolata ogni cosa si unirà con acqua calda formandone uno solo pastume,che s lascerà fermentare,involto in un panno,per due giorni.

Dopo si dimenerà ,ed in pezzi ridotto se ne formeranno i mostaccioletti in quella figura che si vogliono,ma nella grossezza però d’un mezzo dito.Si faranno cuocere sopra sfoglie di rame con farina sotto,ad un giusto grado di forno e cotti se le darà il naspro di cannella ,ed in stufa si faranno asciugare

Altra versione quella che oggi apprezziamo al cioccolato o imbottiti grazie all’aggiunta nell’impasto di marmellata di cedro mescolata con quella di zucca, e di melone e con la cottura se le darà il naspro di pistacchi.

Ma non c’è Mostacciolo senza Raffiolo,di qui la ricetta:

Sei once di zucchero fino in polvere mescolato ,e dimenato ben bene con sei gialli d’uova,montate aggiungendoci pure due once d’amido in polvere.Dopo su la carta a cucchiarate si disporranno,e polverati di zucchero si faranno cuocere ,e si serviranno con naspro di limone o pur ,senza.

Nella versione composti con aggiunta di cannella e vainiglia ,ben polverata,e dopo cotti si serviranno con naspo di cannella ,ed anasini sopra.

Nell aversione imbottiti si aggiunge marmellata d’uova e se le dà il naspro di aranci di portogallo

Un dolce che si trova tutto l’anno è il Babà che nasce da una intuizione non si sa quanto voluta o dovuta al caso del Re polacco Stanislao Lekzinsky che abituato a mangiare un indigestokugelopf, mezzo panettone e mezzo brioche,lobagna con il madeira. Quando il babà arriva a Parigi al seguito del detronizzato Stanislao subisce le influenze esotiche di moda all’epoca e viene bagnato con il rhum e perde  la cannella come ingrediente.

Arriva a Napoli grazie alle sorelle Maria Antonietta e Maria Carolina che avevano sposato rispettivamente Luigi XVI e Ferdinando IV diventato poi Ferdinando I Delle Due Sicilie ma è con i Messieur, che i napoletani storpieranno in Monsù ,cuochi d’oltralpe che cacciati dalle case nobiliari francese dai protagonisti  della Rivoluzione che troveranno  sia sotto i Borbone che sotto Murat le porte aperte delle più belle ville e palazzi del Regno di Napoli che diventerà il protagonista della pasticceria.

Ma a Napoli al liquore proveniente dai Caraibi vengo ancor più esaltate le note agrumate,di arancio e limone ,perde i canditi e assume la forma di oggi di dolce da passeggio oltre a raddoppiare le b come avviene spesso nella lingua napoletana e diventare Babbà.

Oggi come allora è attuale il pensiero del Cuoco Galante:

Siccome l’occhio, per non annoiarsi,cerca sempre nuovi oggetti, vaghe vedute e brillanti interruzioni, così il palato, per allettarsi, e per soddisfarsi, brama essere titillato dalla imbadigione di gustose, dipiacevoli, e di nuove vivande. 

 

 

 

Foto dal libro “Vincenzo Corrado il  Cuoco Galante” di Giorgia Chiatto e Lejla Mancusi Sorrentino. Malvarosa Editore

 

 

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