“Galeotto fu il libro e chi lo scrisse”. Mai frase fu più adatta per descrivere il modo in cui il libro Il pesce e l’olio- Mangiare di Scammaro di Tommaso Esposito ha ispirato la cena al Sartù, organizzata dal patron Carlo Capuano in collaborazione con Renato Rocco direttore de “La Buona Tavola Magazine” e la tenuuta “Le Lune del Vesuvio”.
La cena, basata sul concetto di “mangiar di scammaro” e cioè sul mangiar di magro, è stato evento fausto per riportar in tavola ricette “povere”, ma abbondanti, scelte e raccolte nella piccola antologia. Tra queste: lupine a zuppetella; le patane, foglie e pesce curreja; la frettata de vermicielle, e il migliaccio docc ‘e pan. E seguendo la sua filosofia di “tradizione in movimento”, il patron di Sartù ha inserito nel menu anche ricette più “moderne” come il baccalà con salsa di limone, pomodoro ramato e acciughe. <<Un caleidoscopico universo di sapori che dalle antiche distanze trae linfa per una sorprendente gastronomia umanistica>>, suggerisce Santa di Salvo, giornalista enogastronomica de “Il Mattino” e autrice della prefazione al libro di Esposito . Il tutto sapientemente abbinato al Lacryma Christi del Vesuvio Doc “Janesta” bianco della tenuta Le Lune del Vesuvio, il perfetto accostamento ai classici piatti di mare dell’antica cucina.
Presente alla cena, la Di Salvo suggerisce come oggi sia possibile <<riscoprire piccoli gioielli di alimentazione sobria e gustosa in quei cibi ordinari a cui le classi meno abbienti erano costrette a piegarsi>> solamente perché <<è mutato l’orizzonte culturale con cui guardiamo al nostro passato>>.
Concorde con le sue parole anche Carlo Capuano: <<sono convinto che esista un fil rouge che lega la cucina storica a quella per così dire “moderna”, non bisogna mai separarle, piuttosto fare della cucina moderna una “tradizione in movimento”. Per poter affrontare le novità, bisogna guardare sempre indietro, senza mai dimenticare i vecchi insegnamenti>>.
Possiamo ben dire che questo evento al Sartù, sempre attento alle tematiche della cucina storica oltre che un momento gioioso di convivialità, è stato un’importante lezione di memoria storica>> per far rivivere ai commensali <<amici, curiosi e cultori del settore>> i comportamenti alimentari di un tempo, riportati alla luce dalle ricette di nonna Mariuccia Di Buono (poi passate a mamma Chicchina e Tommaso Esposito, secondo ciclica eredità) che, soprattutto la pasta con alici e lupini ‘a zuppetella, venivano preparate al venerdì <<quando Cicciariello ‘o pisciaiuolo ne garantiva, giurando e rigiurando su tutti i Santi del Paradiso, la freschezza e la bontà>>.
E se per Carlo Capuano, la storia delle tradizioni fa parte di quella memoria storica e collettiva di un popolo, possiamo ben dire che anche la cucina storica è un diario, un “salvadanaio dello spirito” che racconta ritualità e specifici modelli di consumo della vicenda umana.
Marika Manna
Marika Manna
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