Una pizza non pizza
Chi è nato e cresciuto in Campania, o chi ha parenti nei paraggi, sa bene che nel periodo natalizio ciò che non può mancare su una tavola che si rispetti è la pizza di scarole.
Perché si chiama pizza? Anche se viene denominata in questo modo, in realtà non ha nulla a che vedere con la tradizionale pizza. Si tratta infatti di una sorta di “torta rustica”. Questa è formata da due strati di impasto, a base di acqua e farina, farciti con un ripieno di scarole.
Questo piatto nasce “dall’esigenza” delle famiglie di cucinare ciò che trovavano. Dal momento, infatti che la carne costava molto, le famiglie più povere dovevano “accontentarsi” delle “foglie” come , per esempio, broccoli e scarole.
Per rendere queste verdure, notoriamente amare, più buone decisero di “racchiuderle” in questo “scrigno” di pasta. Inoltre la scarola veniva fatta stufare e poi insaporita con olio, aglio, peperoncino e con l’aggiunta di capperi, olive e (se riuscivano a reperirle) delle acciughe.
La pizza di scarole oggi
Oggi la pizza di scarole, anche se è un piatto di “festa”, si trova quasi quotidianamente sulle tavole napoletane. Inoltre si sono andate a creare molte varianti.
Per esempio, l’impasto che costituisce i due strati nelle versioni più “classiche” continua ad essere lo stesso che si usa per le pizze; invece altre versioni vedono l’utilizzo di sfoglie o di pasta brisee. Inoltre il ripieno può essere “arricchito” con noci e pinoli, con uva passa o con pezzi di salumi e salsiccia, nonché con formaggi.
Insomma, da ricetta “povera” che prevedeva l’utilizzo della sola verdura, è diventata una ricetta sempre più “ricca”e anche se non è una pizza, non farete più caso” all’errore” una volta che l’avrete assaggiata!
Simona Celentano
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