Visita guidata attraverso la Sardegna alla scoperta del vitigno autoctono più diffuso nella regione
“Cannonau. Anima Sarda” è il titolo della degustazione di nove etichette di Cannonau condotta dall’enologo Roberto Gariup con Tommaso Luongo, Presidente Ais Campania e Pietro Iadicicco Delegato Ais Caserta presso il Renaissance Naples Hotel Mediterraneo lo scorso venerdì 24 febbraio.

Alcune di queste bottiglie sono storiche, introvabili, un’ occasione unica per leggere questo vitigno nella sua vera natura e svincolarsi dal comune cliché che lo annovera tra i vini più impegnativi e ostici. Un viaggio attraverso i vari areali di produzione, ognuno con caratteristiche pedo-climatiche differenti. Ultimamente il Cannonau si sta svincolando dal ruolo che gli attribuisce l’immaginario collettivo. Responsabile del cambiamento è la Gallura, terra di Cannonau eleganti e fini, seguita dalla Barbagia.Una declinazione di Cannonau “more drinkable” come la definisce Roberto Gariup, friulano di nascita sardo di adozione, che da anni segue alcune delle cantine in degustazione nei territori della Gallura e di Dorgali. Una delle due, Cantina Berritta, presente in degustazione con due annate della sua Riserva, sarà a Napoli giovedì 9 marzo per “La cena con il produttore” presso Cantina La Barbera in via Morghen, 36.

Sardo o spagnolo?
Innanzitutto facciamo chiarezza sulle origini del Cannonau, è un vitigno autoctono o è stato importato dalla Spagna? La diatriba sembra risolversi così: i primi reperti di vinaccioli carbonizzati risalenti a circa 3.200 anni fa sono stati ritrovati nella valle del Tirso sulle colline di Sardara a nord di Cagliari, a Villanovafranca e nel villaggio nuragico di Borore in provincia di Nuoro. Inoltre sono state rinvenute anfore databili intorno all’anno 1000 appartenenti alla civiltà nuragica con residui di vino. I primi testi sardi che citano il Cannonau risalgono al 1549. La prima citazione attestata in Spagna invece a cura di Miguel de Cervantes, quello del Don Quixote per intenderci, è sì del 1513 ma parla di un vino bianco. Del vino tinto si parlerà solo nel 1734. Ergo il Cannonau è sardo.
Il Cannonau
Il vitigno più autoctono della Sardegna è per natura molto plastico, si adatta bene ovunque, e fa registrare molte parentele clonali e sinonimi tanto che le nazioni dove è più coltivato sono la Spagna come Garnacha e la Francia come Grenache. Anche noi in Italia lo chiamiamo in maniera diversa a seconda delle regioni: Alicante in Toscana, Bordeaux nelle Marche, Gamay perugino in Umbria, in Liguria Granaccia.Gli ettari totali allevati a Cannonau nel mondo sono 200.000. In Sardegna su 7.300 ettari, il 28% della superficie vitata, meno di 2.000 sono rivendicati a DOC. Come mai? Gran parte del Cannonau entra nella Igt, nei blend, nella DOC Mandrolisai, nella produzione familiare per la quale sotto i 10 ettolitri la legge non impone la denuncia di produzione. Che in blend performi egregiamente lo attesta il suo ruolo di protagonista nello Châteauneuf-du-Pape.
La DOC Cannonau
La DOC Cannonau nasce nel 1972 e prevede molte versioni: Rosato, Rosso, Riserva con 2 anni di affinamento di cui 6 mesi in legno, Classico con 2 anni di affinamento di cui uno in legno nelle sole zone storiche di Ogliastra e Nuoro e il Passito. La conformazione geologica della Sardegna è sfaccettata, poliedrica, antica e ogni sottozona custodisce la propria tradizione più tradizioni. Questo significa Cannonau diversi ma sempre rigorosamente testimoni del terroir. Ritroverai infatti sempre alcune costanti come l’elevata alcolicità e il colore scarico ma costante negli anni grazie alla malvidina. L’acidità non è mai elevata, così come la longevità, salvo smentite. Lo riconoscerai per le note floreali di rosa, fruttate di ciliegia, matura o in confettura, le sfumature balsamiche, i sentori di spezie, prima fra tutte il cioccolato. Ma il Cannonau è un vino molto territoriale motivo per il quale queste caratteristiche giocheranno nel bicchiere a seconda del territorio di provenienza. Un esempio? Più in quota più colore, più note floreali, a livello del mare più note di frutta matura tipiche del fondovalle.
I nove cavalieri del Cannonau
Le etichette in degustazione a Napoli sono una vera e propria cartina geografica della Sardegna. In questa regione il granito e il basalto la fanno da padrone, mentre suoli sedimentari caratterizzano la zona del Campidano a Cagliari e quelli calcarei il Sassarese.
Eccoli i 9 vini chiamati a rappresentare la Sardegna del Cannonau:
- Vino Rosato Maria Pettena Cantina Sannas 2021,
- Cannonau di Sardegna L’Ora grande La Contralta 2021,
- Cannonau di Sardegna Pusole Rosso 2020,
- Isola dei Nuraghi Oberaia Depperu Holler 2020 (in anteprima nazionale),
- Cannonau di Sardegna Berteru Riserva Cantina Gungui 2020,
- Nepente di Oliena Hospes Riserva 2020 IOlei,
- Cannonau di Sardegna Classico Monte Tundu Riserva Berritta 2019 e 2014,
- Romangia Rosso Tenute Dettori 2007,
- Cannonau di Sardegna Perda Rubia 1994.

Senza il vino nel calice pressoché inutile la narrazione, ma l’invito è a fare l’esperienza. Voci diverse, ognuna con il suo posto nel coro in una esecuzione armonica e godibile.
Ogliastra: la Blue Zone
Una delle cinque Blue Zone individuate da Dan Buettner nel mondo è proprio in Ogliastra, dove la popolazione ha una longevità più elevata rispetto al resto del pianeta. In queste aree, chiamate così perché individuate da cerchi blu sulle mappe, la popolazione ha una maggiore probabilità di raggiungere i 100 anni con una minore incidenza di malattie croniche. Come? Grazie ad alimentazione sana, attività fisica, forte interconnessione sociale e vicinanza alla natura.
Che il resveratrolo, abbondante nel Cannonau, abbia il suo ruolo? Nel dubbio let’s toast!
Maria Grazia Narciso
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