Città dalle mille bellezze e dalla storia millenaria, Gaeta è una perla incastonata tra l’azzurro del Mar Tirreno e il verde dei monti Aurunci. Ricco di arte, cultura ed eccellenze architettoniche, il centro cittadino (in provincia di Latina) si presenta come un dedalo di viuzze da salire e scendere a fatica ma in grado di regalare improvvisi scorci di meraviglia.
Un tempo appartenente al Regno delle Due Sicilie che qui vide simbolicamente la propria fine, Gaeta è anche luogo di assolute bontà gastronomiche che affondano le radici proprio nella tradizione. Protagonista di queste righe è la rinomata “tiella” che, però, non è la sola a meritare degna attenzione.
I segreti della tiella di Gaeta
Parte della fortuna culinaria di Gaeta è legata alla tipica tiella, cioè una sorta di torta rustica ripiena di frutti di mare o, volendo, di prodotti della terra. Quella più diffusa è composta principalmente da polpo e olive ma ne esistono numerose varianti con alici, baccalà, calamaretti, scarola, cozze, pomodoro, cipolle o altri ingredienti. La tiella si contraddistingue per la sfoglia morbida molto simile a quella della pizza, lavorata preferibilmente a mano e cotta in forno. Per le dimensioni contenute è un ottimo prodotto per lo street food.
Umida all’interno e asciutta all’esterno, la tiella di Gaeta è una prelibatezza sia calda che fredda. Il nome deriverebbe dalla teglia bassa di rame stagnato che veniva usata anticamente per la preparazione, quando per non sprecare gli scarti col restante si cuocevano anche i caniscioni. Quest’ultimi sono panzerotti fritti a mezzaluna ripieni di formaggio di capra oppure ricotta e mozzarella.

Come spesso accade con i piatti fortemente legati ad una precisa identità territoriale, la tiella racconta molto delle sue origini semplicemente guardandola. Un piatto unico, facile da preparare e ricco di ingredienti facilmente reperibili in una città marinara, con la capacità di conservarsi per qualche giorno.
I contadini preparavano delle tielle per affrontare le dure e lunghe giornate di lavoro e, leggenda vuole, pare che ad inventarla (o comunque ad esserne forte estimatore) fosse niente meno che Ferdinando IV di Borbone; il re apprezzò la pietanza a tal punto da portarla dal popolo all’aristocrazia. Negli ultimi anni, grazie a tante iniziative di promozione gastronomica (tra cui l’opera di recupero storico-culturale messa in campo dall’associazione Gaetavola), la tiella di Gaeta è di nuovo assurta a pietanza degna di un re e non limitata solo alla cucina tipica considerata “povera”.
La ricetta della tiella
Vediamo com’è fatta la tiella di Gaeta e poterla cucinare a casa. Si tratta di una preparazione semplice ma non priva di qualche “trappola”. Ad esempio, l’umidità del ripieno può bagnare troppo la base e compromettere l’uniformità della cottura. Per evitarlo, è consigliato usare una teglia in metallo che conduca meglio il calore, nonché posizionarla nella parte più bassa del forno (indurendosi la base resiste meglio all’umidità del ripieno).
Tenendo conto delle varianti che cambiano letteralmente da casa a casa, di seguito si propone la ricetta della tiella di polpo come riportata dalla Pro Loco di Gaeta. La versatilità di questo piatto vi permette tuttavia di sperimentare diverse combinazioni di sapori.

Ingredienti
-600 grammi di farina
-4 cucchiai d’olio extravergine di oliva
-2 bicchieri d’acqua tiepida
-un quadratino di lievito da pane
-sale fino (per l’impasto)
-1,2 chilogrammi di polpi veraci già puliti
-olive di Gaeta snocciolate
-pomodoro a pezzi
-peperoncino
-prezzemolo
-aglio
-sale (per il ripieno)
Preparare l’impasto mettendo nella classica fossetta fatta nella farina il sale fino, l’olio e l’acqua (nella quale deve essere già stato disciolto il lievito per pane). Ottenuto un morbido impasto bisogna farne due panetti grandi poco più di un pugno e lasciarli crescere avvolti da un canovaccio per circa un’ora. Una volta cresciuti essi vanno distesi con un mattarello in forma di dischi appena più grandi della teglia che li ospiterà. Per quanto riguarda il ripieno, i polpi veraci puliti e lessati devono essere tagliuzzati e conditi con aglio, prezzemolo, pomodoro a pezzi, olive e peperoncino (tutto tritato) e con, infine, un pizzico di sale.

Il preparato per il ripieno va lasciato il un colabrodo affinché si “asciughi” per poi trasferirlo in una ciotola e condirlo con l’olio d’oliva. Cosparsa con olio la teglia, distendere il primo disco e farcirlo con il ripieno e chiudere con l’altro disco facendone aderire i bordi. Rimosso l’impasto superfluo, fare con le dita sulla tiella dei rialzi ai bordi e forare con una forchetta il centro. Ora non resta che cospargere la tiella con un filo d’olio e infornarla per mezz’ora a 200 gradi.
Dove assaggiarla
La tiella si trova un po’ ovunque nella città laziale (e anche nelle zone limitrofe) e si consuma sia intera che a spicchi. La lista di “tiellerie” sarebbe lunga e, quindi, se ne citano tre fra le più conosciute.
Situata nella parte storica del centro e praticamente alla fine del lungomare Caboto c’è la Pizzeria del Porto in via Bausan 40. Con il mare a farvi da sfondo in questa piccola pizzeria troverete il meglio della cultura gaetana della tiella: al polpo, ai calamari, con le cozze, con le verdure ma anche pizza al taglio e rosticceria. Il maestro Carlo Avallone, titolare della storica Pizzeria, è una figura di riferimento della ristorazione locale e da qualche tempo tiene anche delle lezioni di tiella aperte al pubblico. Il locale, inoltre, è noto anche per essere stato visitato in passato dalla star dei programmi tv gastronomici Chef Rubio.

Sempre nella parte “vecchia” della città e a pochi metri dal lungomare c’è La Bottega della Tiella in Piazza Conca 25 dove poter gustare altre tielle tipiche del posto, taglieri e fare un gustoso aperitivo. Ulteriore famosa tielleria di Gaeta è l’Antico Forno Giordano in via Indipendenza 39. Fondato oltre un secolo fa (1890), in esso si tramandano i segreti della tiella di Gaeta di generazione in generazione, oltre a vantare il titolo di “primo produttore”. Rispetto agli altri due si trova più lontano dal quartiere Sant’Erasmo, dove sorge la Cattedrale di Gaeta.

Per la sua rappresentatività la tiella ha ricevuto nel 2005 la Denominazione Comunale d’Origine (De.C.O.), un’attestazione che i comuni possono rilasciare per promuovere e tutelare dei prodotti locali agroalimentari e artigianali particolarmente caratteristici del territorio.
L’altra eccellenza di Gaeta: le olive
Per la sua collocazione geografica la cucina di Gaeta offre una commistione di elementi della tradizione romana, del basso Lazio e della Campania. La città dista all’incirca 140 chilometri da Roma, poco meno di 100 da Napoli e appena una ventina dal confine campano ed è meta turistica di successo da ambedue le direzioni. Pertanto, a tavola si possono trovare sia piatti come la carbonara e il saltimbocca che prodotti caseari a base di latte di bufala.
L’essere una città sia di mare che di terra (proprio come la tiella) conferisce a Gaeta una doppia anima che influenza da sempre la gastronomia del posto. Un prodotto che sintetizza al meglio quanto descritto, forse più famoso della stessa tiella, sono le olive di Gaeta, meritatamente fregiate della DOP (Denominazione di Origine Protetta) nella sua variante “itrana” (detta pure “gaetana”). Per rispettare i requisiti richiesti, la pianta “itrana” non deve essere modificata geneticamente ed è richiesta una maturazione tardiva. La zona di produzione si estende fino al casertano.

Le olive di Gaeta DOP al consumatore devono presentarsi di un colore che spazia dal rosa intenso al violaceo e avere forma sferoidale. Fondamentali sono i processi di maturazione e fermentazione. Le olive di Gaeta non sono soltanto una leccornia: tuttora la loro produzione, così come quella dell’olio, rappresentano un pilastro dell’economia locale continuando una felice tradizione che si protrae da secoli. Nel XV secolo quello gaetano era uno dei più importanti mercati dell’olio nel bacino Mediterraneo. Inoltre, queste olive vengono consumate anche in salamoia o essiccate alla luce del sole previa marinatura in acqua e sale.


Da Ulisse ai giorni nostri
Molti eventi o manifestazioni culturali di Gaeta e dintorni fanno orgogliosamente richiamo al mitico Ulisse, figura narrativa di spicco non solo della letteratura greca ma dell’intera cultura occidentale. Secondo quanto Omero racconta nell’Odissea l’eroe greco (le cui peripezie hanno origine nell’Iliade), nel suo impervio ritorno a Itaca ebbe modo di trovare riparo per almeno un anno proprio nella zona dell’odierna Gaeta. Al guerriero acheo rende omaggio l’Ente Parco Riviera di Ulisse, un ente strumentale della regione che gestisce le aree protette ricadenti nei comuni (tutti del basso Lazio) di Gaeta, Formia, Itri, Sperlonga e Minturno.


Turisticamente, la principale attrazione è la cosiddetta “Gaeta Vecchia”, cioè la zona che si sviluppa intorno all’imponente Castello angioino-aragonese. Esso deve la sua doppia denominazione al fatto che si compone di due complessi, uno angioino e uno aragonese appunto, realizzati in diversi momenti storici (prima la dominazione francese, poi quella spagnola). L’edificio, forse risalente nella sua costruzione iniziale al VI secolo d.C., ha conosciuto più identità nei suoi secoli di storia ma ad oggi è in parte sede di un distaccamento dell’Università di Cassino (lato angioino) e in parte ospitante una caserma della scuola nautica della Guardia di Finanza (lato aragonese).

Alla medesima zona del Castello appartiene la magnifica Cattedrale dei Santi Erasmo e Marciano (patroni della città e festeggiati entrambi il 2 giugno) e Santa Maria Assunta. Gaeta è ricchissima di luoghi di culto tra cui si citano le chiese di San Giovanni e di San Domenico e il Santuario della Santissima Annunziata, solo per riportarne una piccola parte. Da non perdere poi una bella passeggiata sul lungomare cittadino, la zona portuale e le bellissime spiagge.
Mario Rafaniello
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