La pizzeria Gorizia 1916, ormai, è radicata nella storia di Napoli e del quartiere Vomero. Il locale, ultracentenario,fa parte della memoria popolare e sono migliaia i racconti che le sue mura e la famiglia Grasso, i proprietari, possono narrare. La pizzeria nasce nel 1916 quando il nonno di Salvatore Grasso, il patron attuale, ha deciso di rilevare il Nuovo Vomero e ribattezzarla in Gorizia 1916, in onore dell’ingresso delle truppe italiane del battaglione Piave, del quale aveva fatto parte, nella città di Gorizia (avvenuto il 20 agosto 1916).
“Il segreto per gestire una pizzeria storica – racconta Salvatore Grasso – è quello di non cambiare mai e rimanere fedeli alla propria tradizione. Nel locale ho scelto di tenere le stesse mattonelle dell’epoca, e anche la nostra pizza è la tipica napoletana, l’unica differenza è l’utilizzo dei nuovi strumenti. Ormai la tecnologia è diventata fondamentale“.
Più di cinquant’anni fa esistevano solo due tipi di farine la nazionale e quella americana (la farina Manitoba). La capacità del pizzaiolo stava nel mescolare le due tipologie di farina e trovare il giusto equilibrio per dar vita a un impasto morbido che lievitasse nei tempi desiderati. “Oggi – continua Grasso – l’evoluzione dei mulini ha permesso la produzione di farine specifiche per ogni tipo di impasto. L’impastatrice e il frigorifero, invece, rendono possibile controllare sia la tenacia dell’impasto che i tempi di lievitazione. Eccetto questo particolare la mia pizza negli anni non è mai cambiata, mantiene sempre le stesse caratteristiche. Proprio come alcuni champagne della produzione Krug, proprio per questo motivo siamo stati insigniti del titolo di Krug Ambassador”.
Nel 2016 Gorizia ha compiuto 100 anni. Il suo patron ha, così, deciso di creare l’unione pizzerie storiche napoletane – le centenarie, alla quale partecipano tutte le pizzerie con oltre cent’anni di storia e sempre gestite dalla stessa famiglia. Unione che ha insignito Salvatore Grasso del titolo di presidente. Il sogno di Salvatore è quello di realizzare un vero e proprio museo, nel quale raccontare la storia della pizza e delle pizzerie attraverso gli attrezzi del mestiere, dalla madia per impastare ai forni fino ad arrivare al computer, oggi fondamentale per gestire un locale.
“Il computer – afferma il pizzaiolo – ormai, è importante quanto il forno. I camerieri con il palmare possono attraverso un click inviare l’ordinazione, riducendo così il rischio di perdere la comanda, e produrre il conto senza dover fare calcoli. Inoltre, sapere quasi immediatamente i piatti ordinati e, quindi, anche gli ingredienti utilizzati agevola l’inventario e permette di avvisare subito i fornitori”.
In onore del centenario il pizzaiolo ha deciso, anche, di creare una pizza che racchiudesse tutta la storia del locale: la 1916. Una pizza con una base di ricotta emulsionata, fiori di zucca, carciofi e, infine, all’uscita dal forno di una grattugiata di provolone del monaco.
“Questa pizza – spiega Salvatore Grasso – l’ho creata mettendo insieme gli ingredienti che hanno segnato la nostra storia. I fiori di zucca li ho scelti io. La ricotta, il salame e il provolone, invece, richiamano mio padre e la sua pizza ripiena. Infine, i carciofi portano il segno di mio nonno. In origine erano solamente tre le pizze proposte la marinara, la margherita e la ripiena. Un giorno Totò, cliente affezionato della pizzeria, chiese a mio nonno di fare una pizza differente aggiungendo i carciofi alla marinara. Nasce così la pizza Gorizia con filetti di pomodoro e carciofi”.
Le pizze preferite di Salvatore Grasso sono, naturalmente, la 1916 e la Gorizia perché raccontano la tradizione della propria famiglia e del loro locale, ma ritiene che la storia della pizza sia rappresentata dalla marinara, una pizza con pochi ingredienti pomodoro, origano e olio, semplice solo in apparenza, ma che rivela la bravura del pizzaiolo.
Matteo Cicarelli
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