Una delle caratteristiche più sottovalutate delle agromafie è il basso allarme sociale provocato da questa tipologia di crimine che colpisce l’Italia da nord a sud. Un caseificio abusivo o un’azienda agricola che non rispettano la normativa di settore non suscitano l’interesse e l’attenzione di reati ben più gravi. Tuttavia, e questo è un fatto poco noto a parte del grande pubblico, le agromafie contribuiscono al foraggiamento della criminalità organizzata e alle altre loro attività. Naturalmente uccidendo la sana filiera dell’agroalimentare italiano.

Cosa sono le agromafie?
Come lascia intendere il termine si tratta di attività illecite compiute dalla criminalità organizzata (ma non solo) in ambito agroalimentare. Le capacità logistiche ed economiche delle organizzazioni criminali -spesso pari a quelle di multinazionali- sono in grado di penetrare in ogni singola fase della filiera. Dal campo o dall’allevamento, alla lavorazione e fino alla messa in commercio; il crimine sfrutta tutte le sfaccettature del processo di produzione anche al fine di ampliare la propria influenza (si pensi a pressioni sulle autorità locali, sui controlli, sulla concorrenza e fino alla stessa platea dei consumatori).
Proprio la ramificazione e la diversificazione delle attività produttive legate al cibo consentono al crimine di riciclare facilmente denaro sporco e reinvestirlo in attività classiche quali la ristorazione, la GDO, gli agriturismi, la gestione dei rifiuti, i mercati ortofrutticoli. I vantaggi purtroppo non mancano: investire in questo settore ombra richiede somme e mezzi minori rispetto allo spaccio di droga o al traffico d’armi. Queste ultime due fattispecie possono sia finanziare che essere finanziate dalle agromafie. Inoltre, disponendo quasi sempre di esperti compiacenti o direttamente inseriti nell’organico del gruppo criminale, le attività agroalimentari ombra possono sopravvivere per anni come perfettamente legali, almeno sulla carta.


Le agromafie secondo gli esperti
Secondo il 6° Rapporto sui crimini alimentari in Italia (2019) presentato da Coldiretti, Eurispes e Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” il business delle agromafie si aggirerebbe intorno ai 24,5 miliardi di euro. Una cifra da capogiro pari al 10% del fatturato criminale italiano. L’impennata dell’e-commerce dovuta alla pandemia e la crisi economica subita da moltissime aziende hanno permesso alle organizzazioni criminali di accaparrarsi nuove fette di mercato e nuovi appalti, aumentando gli introiti appena citati.
Anche il Rapporto conferma che alla base dell’infausto successo delle agromafie vi siano “colletti bianchi” quali professionisti, tecnici, legali, biologi ed altre figure provenienti direttamente dalle trafile criminali, ormai consapevoli che per eccellere in questo settore bisogna pure studiare. Tra l’altro il giro d’affari generato dalle agromafie permette alle stesse di essere una sorta di hub esponenziale per altri crimini, come già accennato, senza dimenticare fenomeni legati direttamente alla produzione quale il caporalato.

I danni al vero made in Italy agroalimentare
A risentire di questo annoso fenomeno è il mercato sano e controllato del made in Italy agroalimentare, settore trainante dell’economia italiana. Nonostante i controlli delle forze dell’ordine e le campagne informative le agromafie sembrano non conoscere crisi, aggiungendosi alla schiera di pericoli che l’autentico prodotto italiano patisce da decenni (Italian Sounding, contraffazione, alterazione, imitazioni ecc.). Infatti, tra le attività delle agromafie vi sono anche quelle mirate a produrre false etichette Dop, Igp, Doc e simili e falsi prodotti noti per il loro peso nel mondo del made in Italy agroalimentare. Ovviamente alle mafie non mancano i mezzi per esportare all’estero le loro malefatte, aumentando notevolmente il danno per la filiera normale.
In aggiunta, per il consumatore i rischi sono enormi. La salute è messa in serio pericolo dalla scarsa qualità delle materie prime, dal mancato controllo sulle procedure di produzione, sui mezzi, sugli stabilimenti e sulle capacità del personale. Inoltre le agromafie alterano la sana concorrenza talvolta con metodi violenti (minacce, rappresaglie, vandalismo) e distruggono alla radice la possibilità per gli imprenditori onesti di trovare spazi.

Possibili linee di contrasto
Questo quadro appare scoraggiante per gli imprenditori onesti soprattutto nelle zone ad alta densità criminale, ma non tutto è perduto. Il governo e le Istituzioni europee da anni si stanno impegnando nel proporre una legislazione più repressiva oltre a promuovere in Italia e all’estero il vero made in Italy. La Coldiretti nel 2020 suggeriva al legislatore nazionale una revisione sulle leggi relative ai reati alimentari alla luce delle nuove capacità messe in campo dalle agromafie, come l’innovazione tecnologica nella produzione agroalimentare.
L’Osservatorio sulle Agromafie nell’ambito delle sue iniziative ha suggerito diverse linee guida di contrasto al fenomeno. Oltre ad un monitoraggio sempre più capillare è necessario sviluppare accordi di filiera tesi a migliorare le condizioni delle imprese, rendendole più sostenibili e meno a rischio usura o infiltrazione mafiosa, sostenendo anche una migliore condizioni dei lavoratori. Le autorità spesso permettono ai beni confiscati di essere rigenerati per progetti di imprenditoria alimentare sana, incentivando la bonifica sociale di determinati territori.

Mario Rafaniello
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